Un’Italia da salvare sulle pagine della Rivista Pirelli
A partire dalla metà degli anni Sessanta, il tema della tutela dell’ambiente irrompe sulle pagine della Rivista Pirelli con riflessioni sul paesaggio e il verde urbano, la politica e l’etica. Pochi anni prima, nel 1955, era nata l’associazione Italia Nostra: tra i suoi attivisti il giovane archeologo Antonio Cederna, le cui prime battaglie ambientaliste erano indirizzate al recupero urbanistico della Via Appia Antica a Roma. Il promotore dell’associazione era Renato Bazzoni, architetto appassionato di fotografia: nacque da lui l’idea, nel 1959, di allestire una mostra-denuncia dei drammi ambientali italiani. Si doveva chiamare “Italia che rovina”: partner il Touring Club Italiano e l’amico Arrigo Castellani, allora direttore della Rivista Pirelli, sempre attenta ai grandi temi sociali del momento. La mostra “Italia da salvare” aprirà a Milano soltanto nell’aprile del 1967. Nel progetto venne coinvolto fin da subito il designer Pino Tovaglia che, di concerto con Castellani, ne realizzerà il poster-manifesto: la ferita rossa su fondo nero inventata dai due “pirelliani” diventata poi storia della pubblicità.
La Rivista Pirelli anticipa l’inaugurazione della mostra nel numero di gennaio 1966, affidando a Cederna l’articolo-manifesto “Partiamo da zero”: “oltre l’idealismo ottocentesco che vede il paesaggio solo come rappresentazione, per liberarsi dal modernismo che ci ha fatto scambiare la distruzione della natura per civiltà, il disordine territoriale per progresso”. La distruzione sistematica del verde, nell’invettiva di Cederna, è essa stessa “disprezzo per l’uomo” e per la salute pubblica. Un lungo elenco di macerie paesaggistiche, difficilmente sanabili senza una nuova sensibilità politica e prima ancora etica: è l’Italia da salvare. Alla voce di Cederna si aggiunge quella dell’urbanista Roberto Guiducci, che ipotizza sul magazine un mondo diretto dal “Verde per vivere”. È affascinante l’analisi socio-urbanistica di Guiducci, cosciente della mancanza di spazi verdi che l’Italia sconta nei confronti del resto d’Europa: un verde sempre vissuto come “vuoto” da riempire, come assenza improduttiva da occupare nella convinzione dello sfruttamento del territorio al servizio del profitto. Guiducci pone il dubbio che anche il verde possa essere considerato attore dell’economia, che il bosco in città possa essere una voce del bilancio globale dell’azienda-Italia. Oltre quarant’anni prima dei grattacieli di Milano. L’autore del reportage fotografico a corredo dell’articolo di Guiducci è proprio Renato Bazzoni. Architetto appassionato di fotografia, Bazzoni scrive per la Rivista Pirelli nel 1970 “La terra ci accusa”, denuncia dello stato del pianeta ancora oggi più che mai d’attualità e manifesto per la successiva nascita del FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano. Un secolo di sfruttamento delle risorse naturali, le cui conseguenze sono evidenti ancora oggi.


A partire dalla metà degli anni Sessanta, il tema della tutela dell’ambiente irrompe sulle pagine della Rivista Pirelli con riflessioni sul paesaggio e il verde urbano, la politica e l’etica. Pochi anni prima, nel 1955, era nata l’associazione Italia Nostra: tra i suoi attivisti il giovane archeologo Antonio Cederna, le cui prime battaglie ambientaliste erano indirizzate al recupero urbanistico della Via Appia Antica a Roma. Il promotore dell’associazione era Renato Bazzoni, architetto appassionato di fotografia: nacque da lui l’idea, nel 1959, di allestire una mostra-denuncia dei drammi ambientali italiani. Si doveva chiamare “Italia che rovina”: partner il Touring Club Italiano e l’amico Arrigo Castellani, allora direttore della Rivista Pirelli, sempre attenta ai grandi temi sociali del momento. La mostra “Italia da salvare” aprirà a Milano soltanto nell’aprile del 1967. Nel progetto venne coinvolto fin da subito il designer Pino Tovaglia che, di concerto con Castellani, ne realizzerà il poster-manifesto: la ferita rossa su fondo nero inventata dai due “pirelliani” diventata poi storia della pubblicità.
La Rivista Pirelli anticipa l’inaugurazione della mostra nel numero di gennaio 1966, affidando a Cederna l’articolo-manifesto “Partiamo da zero”: “oltre l’idealismo ottocentesco che vede il paesaggio solo come rappresentazione, per liberarsi dal modernismo che ci ha fatto scambiare la distruzione della natura per civiltà, il disordine territoriale per progresso”. La distruzione sistematica del verde, nell’invettiva di Cederna, è essa stessa “disprezzo per l’uomo” e per la salute pubblica. Un lungo elenco di macerie paesaggistiche, difficilmente sanabili senza una nuova sensibilità politica e prima ancora etica: è l’Italia da salvare. Alla voce di Cederna si aggiunge quella dell’urbanista Roberto Guiducci, che ipotizza sul magazine un mondo diretto dal “Verde per vivere”. È affascinante l’analisi socio-urbanistica di Guiducci, cosciente della mancanza di spazi verdi che l’Italia sconta nei confronti del resto d’Europa: un verde sempre vissuto come “vuoto” da riempire, come assenza improduttiva da occupare nella convinzione dello sfruttamento del territorio al servizio del profitto. Guiducci pone il dubbio che anche il verde possa essere considerato attore dell’economia, che il bosco in città possa essere una voce del bilancio globale dell’azienda-Italia. Oltre quarant’anni prima dei grattacieli di Milano. L’autore del reportage fotografico a corredo dell’articolo di Guiducci è proprio Renato Bazzoni. Architetto appassionato di fotografia, Bazzoni scrive per la Rivista Pirelli nel 1970 “La terra ci accusa”, denuncia dello stato del pianeta ancora oggi più che mai d’attualità e manifesto per la successiva nascita del FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano. Un secolo di sfruttamento delle risorse naturali, le cui conseguenze sono evidenti ancora oggi.