Benessere non solo dal profitto
Un piccolo libro del Premio Nobel Stiglitz analizza a fondo i legami fra azione d’impresa, economia, etica e morale
Etica ed impresa possono andare di pari passo. Anzi, è possibile anche arrivare a dire che spirito d’impresa e cultura della buona impresa sono intimamente legate. E non si tratta di teorie astratte. Anche se a guardare l’oggi, l’affiancamento della gestione aziendale con i principi della morale e dell’etica appare cosa quasi impensabile in certi ambienti. Percorso difficile, dunque, quello che fa camminare fianco a fianco una gestione efficiente con un’attenzione etica agli effetti dei comportamenti imprenditoriali.
Leggere “Un’economia per l’uomo” di Joseph Stiglitz – economista e Premio Nobel nel 2001 -, è cosa non solo utile per capire gli intrecci fra argomenti così complessi, ma costituisce anche un breve quanto affascinante viaggio nel pensiero economico più avveduto e profondo, al di là dei consunti concetti di efficienza, efficacia e profitto contabile.
Stiglitz conduce il suo ragionamento partendo dal confronto con l’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris e dal dibattito internazionale sui diritti umani nel contesto della globalizzazione e della crisi finanziaria. Gli interrogativi ai quali nel testo si risponde sono quelli fondamentali dell’oggi: se, per esempio, l’attuale sistema economico sia in grado di garantire all’uomo una condizione di armonia con i propri simili e con la natura, a che punto sia davvero la cosiddetta questione ambientale, il livello delle diseguaglianze globali, la vera natura delle distorsioni indotte dalla finanziarizzazione dell’economia, l’insufficienza del Pil come misura del benessere, i fallimenti del mercato. Per ogni passaggio, Stiglitz fissa idee chiare in frasi brevi. Quanto occorre per capire e pensare.
E riserva anche passaggi importanti sull’impresa e su chi la gestisce. “Un sistema economico dove alcuni (individui o aziende) prosperano in maniera eccezionale – scrive Stiglitz -, con una correlazione non tanto al contributo effettivo apportato alla collettività quanto piuttosto alla loro abilità di ricavare ‘guadagni’ dallo stato di cose, non è un sistema economico giusto. Questo è vero sia che risulti da deficienze nel sistema di gestione delle aziende (una versione legalizzata di frode aziendale), sia che derivi dall’efficace messa in pratica di una politica di competizione (lo sfruttamento che nasce dalla monopolizzazione). Ed è ancora più vero quando i guadagni di coloro che si trovano al vertice del sistema risultano dallo sfruttamento di quelli che si trovano al
fondo”. Per poi aggiungere che “nella nostra società interconnessa le azioni di un singolo individuo o azienda hanno conseguenze per tutti gli altri. Se è nostro compito vivere in armonia, queste esternalità devono essere tenute in considerazione”. Mentre sul finire della prima parte di libro, Stiglitz sottolinea una verità che molti si nascondono: “È interessante – scrive -, che anche il benessere di coloro che hanno un interesse nell’azienda (ad esempio differenti tipi di azionisti) non è in genere massimizzato dal perseguimento della massimizzazione del profitto (o valore di mercato) da parte dell’azienda”.
Il libro di Stiglitz occupa meno di cinquanta pagine, si legge in in meno di un’ora ma si deve ricordare per molto più tempo.
Un’economia per l’uomo
Joseph Stiglitz
Castelvecchi, 2016
Un piccolo libro del Premio Nobel Stiglitz analizza a fondo i legami fra azione d’impresa, economia, etica e morale
Etica ed impresa possono andare di pari passo. Anzi, è possibile anche arrivare a dire che spirito d’impresa e cultura della buona impresa sono intimamente legate. E non si tratta di teorie astratte. Anche se a guardare l’oggi, l’affiancamento della gestione aziendale con i principi della morale e dell’etica appare cosa quasi impensabile in certi ambienti. Percorso difficile, dunque, quello che fa camminare fianco a fianco una gestione efficiente con un’attenzione etica agli effetti dei comportamenti imprenditoriali.
Leggere “Un’economia per l’uomo” di Joseph Stiglitz – economista e Premio Nobel nel 2001 -, è cosa non solo utile per capire gli intrecci fra argomenti così complessi, ma costituisce anche un breve quanto affascinante viaggio nel pensiero economico più avveduto e profondo, al di là dei consunti concetti di efficienza, efficacia e profitto contabile.
Stiglitz conduce il suo ragionamento partendo dal confronto con l’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris e dal dibattito internazionale sui diritti umani nel contesto della globalizzazione e della crisi finanziaria. Gli interrogativi ai quali nel testo si risponde sono quelli fondamentali dell’oggi: se, per esempio, l’attuale sistema economico sia in grado di garantire all’uomo una condizione di armonia con i propri simili e con la natura, a che punto sia davvero la cosiddetta questione ambientale, il livello delle diseguaglianze globali, la vera natura delle distorsioni indotte dalla finanziarizzazione dell’economia, l’insufficienza del Pil come misura del benessere, i fallimenti del mercato. Per ogni passaggio, Stiglitz fissa idee chiare in frasi brevi. Quanto occorre per capire e pensare.
E riserva anche passaggi importanti sull’impresa e su chi la gestisce. “Un sistema economico dove alcuni (individui o aziende) prosperano in maniera eccezionale – scrive Stiglitz -, con una correlazione non tanto al contributo effettivo apportato alla collettività quanto piuttosto alla loro abilità di ricavare ‘guadagni’ dallo stato di cose, non è un sistema economico giusto. Questo è vero sia che risulti da deficienze nel sistema di gestione delle aziende (una versione legalizzata di frode aziendale), sia che derivi dall’efficace messa in pratica di una politica di competizione (lo sfruttamento che nasce dalla monopolizzazione). Ed è ancora più vero quando i guadagni di coloro che si trovano al vertice del sistema risultano dallo sfruttamento di quelli che si trovano al
fondo”. Per poi aggiungere che “nella nostra società interconnessa le azioni di un singolo individuo o azienda hanno conseguenze per tutti gli altri. Se è nostro compito vivere in armonia, queste esternalità devono essere tenute in considerazione”. Mentre sul finire della prima parte di libro, Stiglitz sottolinea una verità che molti si nascondono: “È interessante – scrive -, che anche il benessere di coloro che hanno un interesse nell’azienda (ad esempio differenti tipi di azionisti) non è in genere massimizzato dal perseguimento della massimizzazione del profitto (o valore di mercato) da parte dell’azienda”.
Il libro di Stiglitz occupa meno di cinquanta pagine, si legge in in meno di un’ora ma si deve ricordare per molto più tempo.
Un’economia per l’uomo
Joseph Stiglitz
Castelvecchi, 2016