Quale modernità?
L’ultima fatica letteraria di Giuseppe Lupo ripercorre il Novecento delle fabbriche e pone la necessità di un racconto diverso del passato
Modernità e tradizione. Progresso e povertà. Sviluppo e declino. Paradiso e inferno. Potrebbero essere molti altri i binomi di opposti – che cambiano di volta in volta ed a seconda della posizione di guarda -, in grado di caratterizzare le letture del presente e il cammino dal passato (senza dimenticare, naturalmente, la prospettiva, anch’essa differente, del futuro). Analisi complessa, quella della modernità. Analisi che, comunque, deve essere condotta da chi voglia essere consapevole davvero dell’epoca in cui vive. Ed è per tutto questo che serve leggere “La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana”, ultima fatica letteraria di Giuseppe Lupo.
Lupo ripercorre il Novecento – il secolo della modernità, appunto -, che ha impresso una svolta epocale all’economia e alla politica, ha inciso nel tessuto culturale e sociale del nostro paese (e non solo), infrangendo equilibri secolari, mandando in frantumi la linea di continuità tra passato e futuro. Fino al salto decisivo: il tramonto della civiltà contadina e l’avvento dell’industrializzazione. Una corsa verso il futuro, quella del secolo scorso, che Lupo analizza attraverso i racconti che ne sono stati fatti. E dando voce ad alcune delle figure più rappresentative di questi racconti: da Vittorini a Testori, da Fortini a Mastronardi, da Calvino a Pasolini (solo per citarne alcune tra le tante). E senza dimenticare quel controverso rapporto tra umanesimo e scienza nella narrativa di fabbrica e nei periodici aziendali del secondo dopoguerra. Tutto per arrivare all’oggi caratterizzato dal “realismo liquido”, dal proletariato che non esiste più nelle forme di una volta, dalle molte fragilità del lavoro e dalle prospettive incerte e confuse. E tutto per arrivare a chiedersi se non sia meglio cambiare decisamente visuale e arrivare ad una controlettura della modernità che sia originale, alternativa, progettuale, e che aspiri a modificare il mondo, a, si spiega nel libro, “recidere il cordone ombelicale con il secolo terribile e maestoso di cui ci sentiamo ancora figli”.
E’ denso e bello il libro scritto da Giuseppe Lupo: pagine da leggere con grande attenzione, non sempre facili ma certo affascinanti e utili.
La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana
Giuseppe Lupo
Marsilio Editori, 2023
L’ultima fatica letteraria di Giuseppe Lupo ripercorre il Novecento delle fabbriche e pone la necessità di un racconto diverso del passato
Modernità e tradizione. Progresso e povertà. Sviluppo e declino. Paradiso e inferno. Potrebbero essere molti altri i binomi di opposti – che cambiano di volta in volta ed a seconda della posizione di guarda -, in grado di caratterizzare le letture del presente e il cammino dal passato (senza dimenticare, naturalmente, la prospettiva, anch’essa differente, del futuro). Analisi complessa, quella della modernità. Analisi che, comunque, deve essere condotta da chi voglia essere consapevole davvero dell’epoca in cui vive. Ed è per tutto questo che serve leggere “La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana”, ultima fatica letteraria di Giuseppe Lupo.
Lupo ripercorre il Novecento – il secolo della modernità, appunto -, che ha impresso una svolta epocale all’economia e alla politica, ha inciso nel tessuto culturale e sociale del nostro paese (e non solo), infrangendo equilibri secolari, mandando in frantumi la linea di continuità tra passato e futuro. Fino al salto decisivo: il tramonto della civiltà contadina e l’avvento dell’industrializzazione. Una corsa verso il futuro, quella del secolo scorso, che Lupo analizza attraverso i racconti che ne sono stati fatti. E dando voce ad alcune delle figure più rappresentative di questi racconti: da Vittorini a Testori, da Fortini a Mastronardi, da Calvino a Pasolini (solo per citarne alcune tra le tante). E senza dimenticare quel controverso rapporto tra umanesimo e scienza nella narrativa di fabbrica e nei periodici aziendali del secondo dopoguerra. Tutto per arrivare all’oggi caratterizzato dal “realismo liquido”, dal proletariato che non esiste più nelle forme di una volta, dalle molte fragilità del lavoro e dalle prospettive incerte e confuse. E tutto per arrivare a chiedersi se non sia meglio cambiare decisamente visuale e arrivare ad una controlettura della modernità che sia originale, alternativa, progettuale, e che aspiri a modificare il mondo, a, si spiega nel libro, “recidere il cordone ombelicale con il secolo terribile e maestoso di cui ci sentiamo ancora figli”.
E’ denso e bello il libro scritto da Giuseppe Lupo: pagine da leggere con grande attenzione, non sempre facili ma certo affascinanti e utili.
La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana
Giuseppe Lupo
Marsilio Editori, 2023