Contrattazione integrativa e cultura d’impresa
Una ricerca di Istat e Centro Tarantelli mette a fuoco risvolti empirici di uno strumento contrattuale importante
La buona impresa è fatta anche di buoni ambienti e buoni rapporti umani. Regole chiare e condivise costituiscono l’ossatura in grado di sostenere una crescita corretta dell’organizzazione della produzione. È in questo ambito che la contrattazione integrativa decentrata può fare molto. Ed è per questo che può essere utile leggere “La contrattazione integrativa aziendale sviluppa la produttività oppure si limita a distribuirne i benefici? Evidenze empiriche sulle imprese italiane”, indagine scritta a più mani da Laura Bisio (Istat), Stefania Cardinaleschi (Istat) e Riccardo Leoni (Università di Bergamo e Centro Interuniversitario di Ricerca ‘Ezio Tarantelli’).
La ricerca è condensata in un paper che analizza il ruolo della contrattazione integrativa decentrata rispetto alla produttività aziendale e che ha l’obiettivo di verificare se la contrattazione aziendale in Italia contribuisca a sviluppare la produttività oppure si limiti a ripartirne i guadagni là dove si realizzano. Per raggiungere questo traguardo di studio, gli autori utilizzano quindi due modelli: il primo riguarda la probabilità di introdurre un contratto integrativo, il secondo stima l’impatto di questo sulla produttività dell’impresa.
L’indagine ha una corposa parte di analisi statistica dalla quale emergono alcune prime conclusioni. La probabilità della presenza di una contrattazione aziendale è, per esempio, influenzata dal rapporto tra capitale sociale su debiti totali, ma anche da alcune variabili relative alla sindacalizzazione dei lavoratori. Dalle stime emerge anche che le imprese a gestione famigliare hanno una minore propensione, rispetto a quelle a gestione manageriale, sia a stipulare contratti integrativi, sia a dare spazio ai rappresentanti dei lavoratori sul versante delle pratiche organizzativo-manageriali concordabili.
L’approfondimento anche dal punto di vista analitico e statistico della contrattazione integrativa aziendale, aiuta a completare l’immagine di uno strumento importante di politica industriale, che diventa anche elemento nuovo per una cultura d’impresa più vicina a chi nelle fabbriche e negli uffici ogni giorno lavora. La ricerca di Bisio, Cardinaleschi e Leoni consente di saperne di più su un tema importante.
Laura Bisio (Istat) Stefania Cardinaleschi (Istat) Riccardo Leoni (Università di Bergamo e Centro Interuniversitario di Ricerca ‘Ezio Tarantelli’)
Paper Istat, 2019
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Una ricerca di Istat e Centro Tarantelli mette a fuoco risvolti empirici di uno strumento contrattuale importante
La buona impresa è fatta anche di buoni ambienti e buoni rapporti umani. Regole chiare e condivise costituiscono l’ossatura in grado di sostenere una crescita corretta dell’organizzazione della produzione. È in questo ambito che la contrattazione integrativa decentrata può fare molto. Ed è per questo che può essere utile leggere “La contrattazione integrativa aziendale sviluppa la produttività oppure si limita a distribuirne i benefici? Evidenze empiriche sulle imprese italiane”, indagine scritta a più mani da Laura Bisio (Istat), Stefania Cardinaleschi (Istat) e Riccardo Leoni (Università di Bergamo e Centro Interuniversitario di Ricerca ‘Ezio Tarantelli’).
La ricerca è condensata in un paper che analizza il ruolo della contrattazione integrativa decentrata rispetto alla produttività aziendale e che ha l’obiettivo di verificare se la contrattazione aziendale in Italia contribuisca a sviluppare la produttività oppure si limiti a ripartirne i guadagni là dove si realizzano. Per raggiungere questo traguardo di studio, gli autori utilizzano quindi due modelli: il primo riguarda la probabilità di introdurre un contratto integrativo, il secondo stima l’impatto di questo sulla produttività dell’impresa.
L’indagine ha una corposa parte di analisi statistica dalla quale emergono alcune prime conclusioni. La probabilità della presenza di una contrattazione aziendale è, per esempio, influenzata dal rapporto tra capitale sociale su debiti totali, ma anche da alcune variabili relative alla sindacalizzazione dei lavoratori. Dalle stime emerge anche che le imprese a gestione famigliare hanno una minore propensione, rispetto a quelle a gestione manageriale, sia a stipulare contratti integrativi, sia a dare spazio ai rappresentanti dei lavoratori sul versante delle pratiche organizzativo-manageriali concordabili.
L’approfondimento anche dal punto di vista analitico e statistico della contrattazione integrativa aziendale, aiuta a completare l’immagine di uno strumento importante di politica industriale, che diventa anche elemento nuovo per una cultura d’impresa più vicina a chi nelle fabbriche e negli uffici ogni giorno lavora. La ricerca di Bisio, Cardinaleschi e Leoni consente di saperne di più su un tema importante.
Laura Bisio (Istat) Stefania Cardinaleschi (Istat) Riccardo Leoni (Università di Bergamo e Centro Interuniversitario di Ricerca ‘Ezio Tarantelli’)
Paper Istat, 2019