La cultura del lavoro all’epoca di Industria 4.0
Un libro che è una sorta di antropologia dei nuovi modi di produrre sfata il mito distruttivo delle nuove tecnologie produttive
Non è vero che Industria 4.0 azzera il lavoro dell’uomo. E non è vero, d’altra parte, che tutto rimarrà come prima. Come già per la prima Rivoluzione industriale, e poi per le altre successive, la realtà sta in mezzo agli eccessi. Insomma, esauriti i dibattiti sul futuro (magari tenuti da chi nelle fabbriche e negli uffici c’è entrato poco), rimangono loro: le fabbriche e gli uffici appunto, e soprattutto le donne e gli uomini che vi lavorano e che si giocano un ruolo dentro una trasformazione digitale ormai visibile e consistente. Come al solito, per capire occorre esplorare la realtà. E’ quanto hanno fatto Annalisa Magone e Tatiana Mazali con “Il lavoro che serve. Persone nell’Industria 4.0”, loro ultima fatica letteraria e di ricerca appena pubblicata.
Il libro restituisce uno spaccato della realtà di Industria 4.0 raccontando la vicenda di quelle imprese che stanno interpretando questa trasformazione con tutte le sue contraddittorie manifestazioni, in termini di cultura manageriale, sviluppo organizzativo, scelte tecnologiche, ruolo dei lavoratori, modelli regolativi, percezioni dei sindacati. Fabbriche vere, quindi, e non di carta. Fabbriche che hanno accolto soluzioni tecnologiche innovative e che si trovano tra le mani il problema di saperle gestire; e anche persone (pure loro vere e non di carta), che hanno capito che la “macchina 4.0” serve, ma da sola non basta.
Realtà, si è detto. Il libro quindi si dipana attraverso storie vere di fabbriche e lavoratori cercati, trovati e intervistati in un determinato momento storico (settembre 2017 e giugno 2018). Annotazione di non poco conto, perché l’esperienza di Industria 4.0 e del lavoro collegato che non muore, cambia di giorno in giorno, con la sua stessa evoluzione.
Per scrivere il libro sono state così intervistate 131 persone in 11 regioni italiane, per un numero di ore che sfiora quota cento, percorrendo in lungo e in largo il paese in 26.000 chilometri di viaggi. Vera indagine sul campo, una sorta di ricerca antropologica alla vecchia maniera, la ricerca ha delineato un orizzonte variegato e ancora incerto, inevitabilmente esposto ad aggiustamenti e interpretazioni, anche contraddittorie. Perché così è d’altra parte la realtà: ben altro da quella “da manuale”.
Il libro coordinato da Magone e Mazali (divulgatrice la prima, sociologa dei processi culturali e comunicativi la seconda), è diviso in due parti; nella prima ci sono dieci storie di dieci persone che delineano altrettanti paradigmi di Industria 4.0; nella seconda è delineata prima la “grammatica digitale” e poi la “grammatica del lavoro” connesso alle trasformazioni in corso. Una ulteriore parte dà voce ad una serie di esperti settoriali. Chiude il tutto un’acuta postfazione di Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino, della quale si capisce tutto dal titolo: “Ingegneri di nuova generazione”.
Il messaggio del libro è semplice: Industria 4.0 sta cambiando il modo di produrre come
un’onda lunga e graduale, ma la via italiana ha un dato certo: prima vengono le persone con le loro capacità di far camminare le imprese, ciascuna nel proprio ruolo.
Il lavoro che serve. Persone nell’Industria 4.0
Annalisa Magone, Tatiana Mazali
Guerini e Associati, 2018
Un libro che è una sorta di antropologia dei nuovi modi di produrre sfata il mito distruttivo delle nuove tecnologie produttive
Non è vero che Industria 4.0 azzera il lavoro dell’uomo. E non è vero, d’altra parte, che tutto rimarrà come prima. Come già per la prima Rivoluzione industriale, e poi per le altre successive, la realtà sta in mezzo agli eccessi. Insomma, esauriti i dibattiti sul futuro (magari tenuti da chi nelle fabbriche e negli uffici c’è entrato poco), rimangono loro: le fabbriche e gli uffici appunto, e soprattutto le donne e gli uomini che vi lavorano e che si giocano un ruolo dentro una trasformazione digitale ormai visibile e consistente. Come al solito, per capire occorre esplorare la realtà. E’ quanto hanno fatto Annalisa Magone e Tatiana Mazali con “Il lavoro che serve. Persone nell’Industria 4.0”, loro ultima fatica letteraria e di ricerca appena pubblicata.
Il libro restituisce uno spaccato della realtà di Industria 4.0 raccontando la vicenda di quelle imprese che stanno interpretando questa trasformazione con tutte le sue contraddittorie manifestazioni, in termini di cultura manageriale, sviluppo organizzativo, scelte tecnologiche, ruolo dei lavoratori, modelli regolativi, percezioni dei sindacati. Fabbriche vere, quindi, e non di carta. Fabbriche che hanno accolto soluzioni tecnologiche innovative e che si trovano tra le mani il problema di saperle gestire; e anche persone (pure loro vere e non di carta), che hanno capito che la “macchina 4.0” serve, ma da sola non basta.
Realtà, si è detto. Il libro quindi si dipana attraverso storie vere di fabbriche e lavoratori cercati, trovati e intervistati in un determinato momento storico (settembre 2017 e giugno 2018). Annotazione di non poco conto, perché l’esperienza di Industria 4.0 e del lavoro collegato che non muore, cambia di giorno in giorno, con la sua stessa evoluzione.
Per scrivere il libro sono state così intervistate 131 persone in 11 regioni italiane, per un numero di ore che sfiora quota cento, percorrendo in lungo e in largo il paese in 26.000 chilometri di viaggi. Vera indagine sul campo, una sorta di ricerca antropologica alla vecchia maniera, la ricerca ha delineato un orizzonte variegato e ancora incerto, inevitabilmente esposto ad aggiustamenti e interpretazioni, anche contraddittorie. Perché così è d’altra parte la realtà: ben altro da quella “da manuale”.
Il libro coordinato da Magone e Mazali (divulgatrice la prima, sociologa dei processi culturali e comunicativi la seconda), è diviso in due parti; nella prima ci sono dieci storie di dieci persone che delineano altrettanti paradigmi di Industria 4.0; nella seconda è delineata prima la “grammatica digitale” e poi la “grammatica del lavoro” connesso alle trasformazioni in corso. Una ulteriore parte dà voce ad una serie di esperti settoriali. Chiude il tutto un’acuta postfazione di Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino, della quale si capisce tutto dal titolo: “Ingegneri di nuova generazione”.
Il messaggio del libro è semplice: Industria 4.0 sta cambiando il modo di produrre come
un’onda lunga e graduale, ma la via italiana ha un dato certo: prima vengono le persone con le loro capacità di far camminare le imprese, ciascuna nel proprio ruolo.
Il lavoro che serve. Persone nell’Industria 4.0
Annalisa Magone, Tatiana Mazali
Guerini e Associati, 2018