Buona economia e buona cultura d’impresa
Si produce meglio se ci si rende conto di dove si è. Perché l’impresa non una monade isolata dall’ambiente in cui si trova. Un tutt’uno inscalfibile e impermeabile, che produce, fa profitti e basta. Altro dalla storia e dagli uomini che la costruiscono. La cultura d’impresa – che connota la sua capacità di produrre -, si nutre anche di consapevolezza del contesto in cui la stessa impresa si trova ad agire. Al buon imprenditore, alla buona impresa e ai suoi manager servono quindi anche spazi di approfondimento di quanto è accaduto. Per capire meglio l’oggi e prepararsi di più al domani.
E’ questo il caso dell’intervento di Ignazio Visco – Governatore della Banca d’Italia -, in occasione della celebrazione, alla LUISS, dei cent’anni dalla nascita di Guido Carli.
“Guido Carli e la modernizzazione dell’economia” non è solo il ricordo di un maestro, ma anche l’occasione per puntualizzare corsi e ricorsi storici e, soprattutto, quanto adesso occorre risolvere per riprendere in mano le fila dello sviluppo industriale in Italia. Un testo che certamente suscita pareri contrastanti, ma che è importante leggere.
Visco ricorda di Carli alcuni passaggi scritti nella relazione da Governatore della Banca nel 1971. Concetti, termini e preoccupazioni che, di fatto, appaiono attuali. Carli scrisse di “apprensioni sulla capacità di sopravvivenza” del sistema, di “preventiva riflessione”, “difettosa conoscenza”, “visioni e atteggiamenti particolaristici” che possono davvero sintetizzare anche i timori e le istanze dell’oggi. E, ricorda Visco, fu sempre Carli ad essersi posto, con altri, il problema della cosiddetta “modernizzazione strutturale dell’economia italiana”. Un traguardo ambizioso e complicato da raggiungere ma essenziale per consentire al Paese di crescere ancora. Ieri come oggi, appunto.
Preoccupazioni e obiettivi quasi identici, quindi, così come gli strumenti per raggiungerli. A partire dalla sburocratizzazione e dalla semplificazione delle regole. Ma passando anche per lo sciogliere di una serie di “lacci e lacciuoli” di vario genere, statali e non, che frenano lo sviluppo. E’ qui che Visco – seguendo Carli -, punta il dito e fa discutere. Scrive infatti il Governatore: “I problemi odierni dell’Italia sono molto simili a quelli che si potevano osservare al termine del governatorato Carli: ‘lacci e lacciuoli’, intesi come rigidità legislative burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese”. E non solo, perché Visco conclude spiegando: “Oggi non manca, come non è mancata in passato, la consapevolezza delle cose da fare. Ma i movimenti della politica, del corpo sociale sono apparsi impediti e l’azione è risultata largamente insufficiente rispetto al bisogno. Le conseguenze dell’immobilismo sono però diverse da quelle che si manifestavano negli anni settanta: mentre allora era l’inflazione, oggi è il ristagno. I segni di risveglio che vediamo sono incoraggianti, ma vanno confermati nei mesi e negli anni futuri: la costanza nell’azione riformatrice è essenziale. Solo affrontando risolutamente i nodi strutturali che hanno frenato l’economia italiana già prima delle recenti crisi, e ne hanno aggravato le conseguenze, sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura”.
Tutto pane buono per alimentare una buona cultura d’impresa.
Guido Carli e la modernizzazione dell’economia
Ignazio Visco
Banca d’Italia-Università LUISS, 28 marzo 2014
Si produce meglio se ci si rende conto di dove si è. Perché l’impresa non una monade isolata dall’ambiente in cui si trova. Un tutt’uno inscalfibile e impermeabile, che produce, fa profitti e basta. Altro dalla storia e dagli uomini che la costruiscono. La cultura d’impresa – che connota la sua capacità di produrre -, si nutre anche di consapevolezza del contesto in cui la stessa impresa si trova ad agire. Al buon imprenditore, alla buona impresa e ai suoi manager servono quindi anche spazi di approfondimento di quanto è accaduto. Per capire meglio l’oggi e prepararsi di più al domani.
E’ questo il caso dell’intervento di Ignazio Visco – Governatore della Banca d’Italia -, in occasione della celebrazione, alla LUISS, dei cent’anni dalla nascita di Guido Carli.
“Guido Carli e la modernizzazione dell’economia” non è solo il ricordo di un maestro, ma anche l’occasione per puntualizzare corsi e ricorsi storici e, soprattutto, quanto adesso occorre risolvere per riprendere in mano le fila dello sviluppo industriale in Italia. Un testo che certamente suscita pareri contrastanti, ma che è importante leggere.
Visco ricorda di Carli alcuni passaggi scritti nella relazione da Governatore della Banca nel 1971. Concetti, termini e preoccupazioni che, di fatto, appaiono attuali. Carli scrisse di “apprensioni sulla capacità di sopravvivenza” del sistema, di “preventiva riflessione”, “difettosa conoscenza”, “visioni e atteggiamenti particolaristici” che possono davvero sintetizzare anche i timori e le istanze dell’oggi. E, ricorda Visco, fu sempre Carli ad essersi posto, con altri, il problema della cosiddetta “modernizzazione strutturale dell’economia italiana”. Un traguardo ambizioso e complicato da raggiungere ma essenziale per consentire al Paese di crescere ancora. Ieri come oggi, appunto.
Preoccupazioni e obiettivi quasi identici, quindi, così come gli strumenti per raggiungerli. A partire dalla sburocratizzazione e dalla semplificazione delle regole. Ma passando anche per lo sciogliere di una serie di “lacci e lacciuoli” di vario genere, statali e non, che frenano lo sviluppo. E’ qui che Visco – seguendo Carli -, punta il dito e fa discutere. Scrive infatti il Governatore: “I problemi odierni dell’Italia sono molto simili a quelli che si potevano osservare al termine del governatorato Carli: ‘lacci e lacciuoli’, intesi come rigidità legislative burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese”. E non solo, perché Visco conclude spiegando: “Oggi non manca, come non è mancata in passato, la consapevolezza delle cose da fare. Ma i movimenti della politica, del corpo sociale sono apparsi impediti e l’azione è risultata largamente insufficiente rispetto al bisogno. Le conseguenze dell’immobilismo sono però diverse da quelle che si manifestavano negli anni settanta: mentre allora era l’inflazione, oggi è il ristagno. I segni di risveglio che vediamo sono incoraggianti, ma vanno confermati nei mesi e negli anni futuri: la costanza nell’azione riformatrice è essenziale. Solo affrontando risolutamente i nodi strutturali che hanno frenato l’economia italiana già prima delle recenti crisi, e ne hanno aggravato le conseguenze, sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura”.
Tutto pane buono per alimentare una buona cultura d’impresa.
Guido Carli e la modernizzazione dell’economia
Ignazio Visco
Banca d’Italia-Università LUISS, 28 marzo 2014