Leopoldo Pirelli. Impegno industriale e cultura civile nel documentario prodotto dalla Fondazione Pirelli
Un valore, creare e fare vivere un’impresa. Ricchezza, lavoro, innovazione, sviluppo. Ma anche crescita e trasformazione, economica e sociale, di intere comunità. Lo raccontano le immagini e le parole del documentario “Leopoldo Pirelli – Impegno industriale e cultura civile” prodotto dalla Fondazione Pirelli e realizzato da 3D Produzioni per Memomi e in onda su Sky Arte HD dal 30 gennaio, in occasione della ricorrenza dei dieci anni dalla morte d’uno dei maggiori imprenditori italiani. “Imprenditore gentiluomo”, avevano titolato i giornali italiani il 24 gennaio del 2007, cogliendo bene, in memoriam, il tratto distintivo umano e professionale. “Leopoldo Pirelli, l’italiano serio”, aveva scritto qualche anno prima, nel settembre 1990, la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, riconoscendone le qualità, proprio mentre la Pirelli si preparava ad acquisire il gruppo di pneumatici tedeschi Continental. Quell’acquisizione non andò in porto. Nell’opinione pubblica rimase comunque diffuso il giudizio positivo sulla persona che guidava la Pirelli.
C’è una grande etica della responsabilità, nella storia degli uomini che, in quasi un secolo e mezzo di storia, hanno costruito la Pirelli, dal fondatore Giovanni Battista ai figli Alberto e Piero, da Leopoldo Pirelli, la terza generazione, agli azionisti e ai manager di oggi. Proprio Leopoldo ne è testimone esemplare. Un imprenditore vero, con occhi attenti alle persone e ai valori, interprete di quell’anima aperta della borghesia milanese innovatrice, colta, moderna e internazionale che ancora oggi segna i caratteri d’una grande metropoli europea. E “un uomo morale”, per usare un’altra pertinente definizione. Lo confermano “Le dieci regole del buon imprenditore”, sintesi dell’esperienza maturata come leader del gruppo.
Si comincia dalla convinzione che “la libera impresa privata sia pilastro importante d’un libero sistema e mezzo insostituibile di progresso sociale”. Si insiste sulla valorizzazione e la formazione delle persone, sull’importanza della trasparenza e dell’onestà, sulla forza del dialogo tra impresa e sindacato, sul “dovere” del “cercare di chiudere buoni bilanci”. E si sottolinea con forza il ruolo riformatore dell’imprenditore: “La nostra autorevolezza, direi la nostra legittimazione nella coscienza pubblica sono in diretto rapporto con il ruolo che svolgiamo nel concorrere al superamento degli squilibri sociali ed economici del paesi in cui si opera: sempre più l’impresa si presenta come luogo di sintesi tra le tendenze orientate al massimo progresso tecnico-economico e le tendenze umane orientate a raggiungere migliori condizioni di lavoro e di vita”. Parole intense. Ancora oggi d’attualissima verità.
Download “Le dieci regole del buon imprenditore”
Per guardare il documentario clicca qui
Un valore, creare e fare vivere un’impresa. Ricchezza, lavoro, innovazione, sviluppo. Ma anche crescita e trasformazione, economica e sociale, di intere comunità. Lo raccontano le immagini e le parole del documentario “Leopoldo Pirelli – Impegno industriale e cultura civile” prodotto dalla Fondazione Pirelli e realizzato da 3D Produzioni per Memomi e in onda su Sky Arte HD dal 30 gennaio, in occasione della ricorrenza dei dieci anni dalla morte d’uno dei maggiori imprenditori italiani. “Imprenditore gentiluomo”, avevano titolato i giornali italiani il 24 gennaio del 2007, cogliendo bene, in memoriam, il tratto distintivo umano e professionale. “Leopoldo Pirelli, l’italiano serio”, aveva scritto qualche anno prima, nel settembre 1990, la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, riconoscendone le qualità, proprio mentre la Pirelli si preparava ad acquisire il gruppo di pneumatici tedeschi Continental. Quell’acquisizione non andò in porto. Nell’opinione pubblica rimase comunque diffuso il giudizio positivo sulla persona che guidava la Pirelli.
C’è una grande etica della responsabilità, nella storia degli uomini che, in quasi un secolo e mezzo di storia, hanno costruito la Pirelli, dal fondatore Giovanni Battista ai figli Alberto e Piero, da Leopoldo Pirelli, la terza generazione, agli azionisti e ai manager di oggi. Proprio Leopoldo ne è testimone esemplare. Un imprenditore vero, con occhi attenti alle persone e ai valori, interprete di quell’anima aperta della borghesia milanese innovatrice, colta, moderna e internazionale che ancora oggi segna i caratteri d’una grande metropoli europea. E “un uomo morale”, per usare un’altra pertinente definizione. Lo confermano “Le dieci regole del buon imprenditore”, sintesi dell’esperienza maturata come leader del gruppo.
Si comincia dalla convinzione che “la libera impresa privata sia pilastro importante d’un libero sistema e mezzo insostituibile di progresso sociale”. Si insiste sulla valorizzazione e la formazione delle persone, sull’importanza della trasparenza e dell’onestà, sulla forza del dialogo tra impresa e sindacato, sul “dovere” del “cercare di chiudere buoni bilanci”. E si sottolinea con forza il ruolo riformatore dell’imprenditore: “La nostra autorevolezza, direi la nostra legittimazione nella coscienza pubblica sono in diretto rapporto con il ruolo che svolgiamo nel concorrere al superamento degli squilibri sociali ed economici del paesi in cui si opera: sempre più l’impresa si presenta come luogo di sintesi tra le tendenze orientate al massimo progresso tecnico-economico e le tendenze umane orientate a raggiungere migliori condizioni di lavoro e di vita”. Parole intense. Ancora oggi d’attualissima verità.
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