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Fabbriche a misura d’uomo

Sintetizzati in poche pagine i caratteri essenziali del welfare aziendale.

Se si vive bene in azienda si lavora anche meglio. E l’azienda – l’impresa -, non solo cresce, ma si sviluppa, produce benessere oltre che bilanci in attivo. L’indicazione dell’importanza del cosiddetto welfare aziendale non è di oggi; ma è comunque sempre opportuno avere – quasi come scialuppa di salvataggio -, uno strumento per ricordarne i principi  guida, i tratti fondamentali. A questo serve “Il welfare aziendale” di Fabio Bonali, Rosa Anna Maresca, Annamaria Mazzitelli e Mariachiara Melsa: tesi di ricerca scritta nell’ambito del Master in Risorse Umane e Organizzazione  2015/2016 della Fondazione ISTUD.

Il lavoro si articola in otto capitoli che affrontano il tema partendo dalla sua origine e dal suo sviluppo, per passare all’esame delle regole di legge che oggi devono essere seguite e poi ad una serie di indicazioni utili per la sua applicazione in azienda. Gli autori, successivamente, analizzano gli effetti che il welfare aziendale  ha sui lavoratori e sulle imprese, guardano più da vicino la situazione italiana  e arrivano ad analizzare cosa accade nelle piccole e medie imprese riunite in rete e in una grande impresa come l’ENI.

Il “welfare aziendale – è la conclusione degli autori -, nato per incrementare il benessere dei lavoratori, pur sopperendo a lacune statali, si è evoluto in strumento essenziale per incrementare il vantaggio competitivo delle imprese”.

Ma la ricerca non si ferma qui. Bonali, Maresca, Mazzitelli e Melsa indicano un metodo per accrescere l’efficacia del welfare aziendale – aumentare la collaborazione fra imprese e Stato e fra imprese e imprese -, e recuperano una delle definizioni originarie dello stesso dovuta ad Adriano Olivetti che, parlando della fabbrica a misura d’uomo, spiega: “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza”.

La ricerca di Bonali, Maresca, Mazzitelli e Melsa non è una pietra miliare nell’ambito degli studi sul welfare, ma ha almeno due pregi: è scritta in maniera chiara e in poco più di una ventina di pagine riesce a dare un’idea precisa del tema. Da leggere e tenere da parte.

Il welfare aziendale

Fabio Bonali, Rosa Anna Maresca, Annamaria Mazzitelli, Mariachiara Melsa

Master in Risorse Umane e Organizzazione  2015/2016

Fondazione ISTUD

Sintetizzati in poche pagine i caratteri essenziali del welfare aziendale.

Se si vive bene in azienda si lavora anche meglio. E l’azienda – l’impresa -, non solo cresce, ma si sviluppa, produce benessere oltre che bilanci in attivo. L’indicazione dell’importanza del cosiddetto welfare aziendale non è di oggi; ma è comunque sempre opportuno avere – quasi come scialuppa di salvataggio -, uno strumento per ricordarne i principi  guida, i tratti fondamentali. A questo serve “Il welfare aziendale” di Fabio Bonali, Rosa Anna Maresca, Annamaria Mazzitelli e Mariachiara Melsa: tesi di ricerca scritta nell’ambito del Master in Risorse Umane e Organizzazione  2015/2016 della Fondazione ISTUD.

Il lavoro si articola in otto capitoli che affrontano il tema partendo dalla sua origine e dal suo sviluppo, per passare all’esame delle regole di legge che oggi devono essere seguite e poi ad una serie di indicazioni utili per la sua applicazione in azienda. Gli autori, successivamente, analizzano gli effetti che il welfare aziendale  ha sui lavoratori e sulle imprese, guardano più da vicino la situazione italiana  e arrivano ad analizzare cosa accade nelle piccole e medie imprese riunite in rete e in una grande impresa come l’ENI.

Il “welfare aziendale – è la conclusione degli autori -, nato per incrementare il benessere dei lavoratori, pur sopperendo a lacune statali, si è evoluto in strumento essenziale per incrementare il vantaggio competitivo delle imprese”.

Ma la ricerca non si ferma qui. Bonali, Maresca, Mazzitelli e Melsa indicano un metodo per accrescere l’efficacia del welfare aziendale – aumentare la collaborazione fra imprese e Stato e fra imprese e imprese -, e recuperano una delle definizioni originarie dello stesso dovuta ad Adriano Olivetti che, parlando della fabbrica a misura d’uomo, spiega: “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza”.

La ricerca di Bonali, Maresca, Mazzitelli e Melsa non è una pietra miliare nell’ambito degli studi sul welfare, ma ha almeno due pregi: è scritta in maniera chiara e in poco più di una ventina di pagine riesce a dare un’idea precisa del tema. Da leggere e tenere da parte.

Il welfare aziendale

Fabio Bonali, Rosa Anna Maresca, Annamaria Mazzitelli, Mariachiara Melsa

Master in Risorse Umane e Organizzazione  2015/2016

Fondazione ISTUD

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